Schlein rilancia il salario minimo e rafforza l’alleanza con Conte, ma il Pd si allontana dal progressismo europeo.
Negli ultimi giorni, il dibattito politico italiano si è acceso intorno al tema dei salari insufficienti, dopo l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con Schlein e Conte pronti a cavalcare l’argomento. Le sue parole hanno messo in evidenza la difficoltà di molte famiglie italiane, alle prese con l’aumento del costo della vita. Su questo terreno è intervenuta prontamente Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, rilanciando una delle sue storiche battaglie: l’introduzione di un salario minimo di almeno nove euro l’ora.

La battaglia sui salari e la spinta di Mattarella
Questa proposta, già oggetto di scontro con Giorgia Meloni due anni fa, torna al centro dell’agenda politica del Pd, rappresentando uno dei pilastri della visione economica di Schlein. La leader democratica ha dichiarato che, una volta al governo, l’obiettivo sarà quello di aumentare i salari e abbassare le bollette, una promessa che cerca di intercettare il malcontento sociale. Ma se da un lato il tema salariale unisce parte dell’opposizione, dall’altro rischia di alimentare tensioni interne al partito e di allontanare il Pd da altre esperienze progressiste in Europa.
Un’alleanza che guarda più a Conte che all’Europa
Parallelamente alla battaglia sul salario minimo, Schlein ha rafforzato il legame politico con Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, costruendo un’alleanza che si fonda anche su posizioni comuni in tema di politica estera, come il no al riarmo. Questa linea, però, si colloca in contrasto con le scelte di molti partiti progressisti europei: basti pensare alla SPD tedesca, che ha approvato l’aumento delle spese militari al 2% del PIL, o ai liberali canadesi di Mark Carney, più vicini a una linea atlantista.
Il rischio, sempre più concreto, è che il Pd si stia isolando dal progressismo liberale che vince altrove, abbracciando invece una forma di radicalismo e populismo che guarda più alle esigenze interne di una sinistra massimalista che alle sfide globali. Questa strategia, pur rafforzando la leadership di Schlein in vista delle prossime elezioni regionali, potrebbe allontanare il partito da un consenso più ampio e rendere complicata una futura candidatura unitaria alla guida del Paese.
La vera domanda è se questa linea porterà il Pd a essere protagonista o spettatore nel panorama europeo. Per ora, la scelta di Schlein sembra quella di restare avvinghiata a Conte, anche a costo di allontanarsi dalla sinistra globale.